
Nessuno di noi, di Pinerolo a Sinistra, è “orfano di Draghi”, non abbiamo mai confidato nel “governo dei migliori” e abbiamo avuto chiaro che l’operazione Draghi serviva in gran parte a ristabilizzare un quadro politico uscito terremotato dalle elezioni del 2018.
Quelle elezioni avevano visto l’affermazione di 5 Stelle e Lega, di fronte a un fortissimo disagio del paese, che usciva stremato da dieci anni di crisi economica, dall’approfondirsi delle diseguaglianze sociali, da un crollo di fiducia nei partiti che si trasformava in un aumento dell’astensionismo e in un forte voto di protesta.
Abbiamo ben chiara la situazione di prostrazione di una popolazione che dal 2008 ha vissuto un devastante ciclo di crisi economica, tre anni di pandemia, la divisione rancorosa tra vaccinisti e no vax, la percezione del pericolo di una guerra sempre più vicina e preoccupante, la ripresa dell’inflazione e degli aumenti e il rischio di razionamento del gas nell’inverno e la certezza di vedere gli effetti del disastro ambientale che il caldo e la siccità ci fanno toccare con mano. Come non abbiamo considerato Draghi “salvatore della patria”, così in una situazione di stress collettivo, riteniamo che forse si potesse attendere la fine naturale della legislatura, non distante, ed evitare una campagna elettorale in tempi stringati e in piena estate, contribuendo una volta di più alla sfiducia dei cittadini e alla disaffezione per le dinamiche politiche.
Confidiamo che oltre alla mobilitazione dei giovani di FFF radunatisi a Torino pochi giorni fa a partire dalla questione climatica, in autunno si apra una inevitabile ondata di lotte sociali per rivendicare la difesa dei redditi di lavoratori e pensionati.
In questi quattro anni tante cose sono successe, sia a livello politico che sociale. In questi anni abbiamo visto e non dimentichiamo alcune misure interessanti, come il Reddito di cittadinanza (non a caso così duramente attaccato dalla destra e da Confindustria) e altre estremamente negative, come i decreti sicurezza di Salvini contro immigrati e pratiche di lotta.
La crisi del governo Draghi e le elezioni del 25 settembre prossimo saranno un tornante importante per il nostro paese. L’apertura della crisi, a sei mesi dalla fine naturale della legislatura, determina una precipitazione verso il voto che rende complicata una offerta politica adeguata, che sappia rispondere a una situazione in cui solo più il 50% degli elettori vanno a votare. La crisi della democrazia reale ha assunto proporzioni preoccupanti e dover raccogliere firme e presentare liste elettorali in piena estate, affastellare velocemente alleanze elettorali a cui costringe di fatto la legge elettorale attuale, non aiuta certo.
Fin da ora, come Pinerolo a Sinistra, in un momento in cui diverse forze politiche stanno ancora cercando di capire cosa fare, proviamo ad affermare alcune cose.
Sicuramente il fatto che si profili una possibile vittoria per la prima volta in Italia (e in Europa in uno dei paesi fondatori dell’Unione Europea) di forze esplicitamente di destra-destra come Fratelli d’Italia e la Lega di Salvini, è qualcosa che preoccupa.
Ma non siamo di fronte all’apocalisse. Il mondo non finirà il 25 settembre. Come negli Stati Uniti, quando ha vinto Trump, i movimenti sociali come Mee Too o Black Lives Matter sono stati tra i primi a reagire per mettere in crisi l’egemonia della destra trumpiana, così pensiamo che ci si debba preparare a una eventuale vittoria della destra in Italia. Sapendo che la destra sovranista ha al proprio interno pulsioni anche molto pericolose, come quelle razziste o quelle che abbiamo visto in azione negli Usa durante l’assalto a Capitol Hill il 6 gennaio 2021.
La coincidenza che a cento anni dalla Marcia su Roma, forze che nascono all’interno della tradizione della destra fascista italiana e non di quella liberale o cattolica, possano arrivare al governo deve sicuramente farci riflettere in profondità.
Non è sufficiente ribadire il nostro antifascismo, cioè la nostra avversione al fascismo per come si è manifestato in Italia nel Ventennio e la nostra fedeltà ai valori della Resistenza: questo è il minimo, ma non è qui la soluzione. Decostruire il blocco sociale che sta alle spalle della destra italiana e contrapporgli un blocco sociale altrettanto forte: questo è un lavoro in cui impegnarsi non solo nel momento elettorale.
Guardiamo con interesse alla possibilità che si possa formare un ampio polo alternativo e plurale, che possa coagularsi attorno a ciò che resta del Movimento 5 Stelle, attorno a cui sembrerebbero poter confluire realtà come quella di De Magistris (ex sindaco di Napoli) e del suo movimento Dema e la nascente Unione popolare, Sinistra italiana e i Verdi (che non hanno votato la fiducia a Draghi), il movimento di Michele Santoro.
Questa realtà ampia e diffusa potrebbe rappresentare una novità, avrebbe al proprio interno esperienze amministrative e politiche significative e una qualche credibilità per rappresentare quelle fasce sociali impoverite, vittime della crisi economica e delle diseguaglianze.
Temiamo soltanto che per una operazione così ambiziosa il tempo sia davvero poco e che servirebbe un intento unitario che spesso è mancato e che ha determinato negli anni passati numerosi fallimenti.
Se la precipitazione verso le elezioni determinerà invece una offerta elettorale variegata che impedirà un percorso unitario tanto necessario quanto difficile, come Pinerolo a Sinistra fin da ora possiamo immaginare che tra quelle lavoratrici e quei lavoratori poveri e impoveriti, tra i precari, gli studenti, i giovani, gli immigrati con cittadinanza italiana che votano, i pensionati poveri, l’intellettualità diffusa, i lavoratori e le lavoratrici poveri/e, quelli creativi o dei lavori di cura, i lavoratori autonomi “poveri”, quelli delle cooperative, insomma tra tutte/i quelli a cui guardiamo come ai nostri referenti sociali, ci sarà chi deciderà di dare un “voto utile”, cioè al Pd e ai suoi alleati (Pd che in questi anni ha subito numerose trasformazioni), per ostacolare la possibile vittoria della destra sovranista; chi voterà i 5stelle, depurati della componente “draghiana” rappresentata da Di Maio; chi cercherà di costruire nuovamente una “sinistra alternativa”, come i compagni che stanno dando vita all’esperienza di Unione Popolare (sperando che non sia una semplice riedizione di Potere al popolo, che poca strada ha fatto); chi cercherà di vedere qualcosa di nuovo in Sinistra italiana e nei Verdi, che non hanno votato la fiducia a Draghi; ci sarà infine chi ancora una volta (secondo noi sbagliando) non andrà a votare per protestare contro i limiti evidenti della “democrazia reale”.
Fin da ora, dichiariamo che guarderemo con rispetto le scelte singole e collettive di tutte queste persone, perché grande è la confusione sotto il cielo.