
Sulla sua pagina Facebook il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio ci informa che è stato “insediato per la prima volta in Piemonte un tavolo permanente dedicato alle scuole paritarie. 700 istituti che sul nostro territorio accolgono oltre 50 mila studenti e più di 5 mila docenti, dando supporto a un servizio pubblico fondamentale. I fondi europei che arriveranno per ripartire dovranno andare anche alla scuola, perché sulla scuola dobbiamo investire di più. Lo facciamo su quella statale, ma anche sulla scuola paritaria, attraverso questo tavolo che ci permetterà di concertare gli obiettivi e le soluzioni. Perché solo insieme e investendo sul futuro dei nostri figli potremo veramente ripartire”.
Il post è illuminante. Il suo significato è raccolto in una parola che sembra neutra, buttata lì a caso: insieme. Non pensiamo sia dietrologia affermare che il termine cade alla fine di un ragionamento di questo tipo: le scuole sono tutte uguali, dunque devono avere gli stessi diritti e i soldi devono essere distribuiti “insieme”, un po’ di qui (agli istituti pubblici) e un po’ di là (ai privati che gestiscono tanto le scuole non paritarie quanto quelle paritarie. La differenza tra le due sta, a partire dalla “parità” con gli Istituti statali, nel valore legale dei titoli di studio. Sempre private sono).
Sia chiaro, siamo fermamente convinti che “Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione”. Lo pensiamo noi ma soprattutto lo dice – proprio con queste parole – la Costituzione repubblicana nell’articolo 33. Ma nello stesso, subito dopo, leggiamo un chiaro e netto “senza oneri per lo Stato”. Una piccola aggiunta che però ha dietro di sé un’idea e una conclusione opposte a quelle di Cirio: gli istituti pubblici e privati non sono uguali.
Non lo sono a partire dalle rette che le famiglie devono pagare e che permettono agli istituti privati di non dipendere dagli investimenti dello Stato. Non lo sono perché i privati gestiscono in piena libertà il reclutamento dei docenti. Non lo sono perché oltre ai soldi (di solito non pochi) tirati fuori dalle famiglie i privati possono ricevere finanziamenti da altri soggetti, come Chiese ed enti di vario genere. Non lo sono perché se è pur vero che lo Stato “detta le norme generali sull’istruzione” (sempre il nostro art. 33) i percorsi formativi non hanno certo l’esposizione pubblica delle altre scuole. Insomma, parlare di eguaglianza di condizioni è una gigantesca bufala, è una mistificazione della condizione reale. Che vede da una parte le scuole statali con i tagli ai finanziamenti e gli impicci e gli impacci provocati da governi che da decenni preferiscono investire in altri settori. E dall’altra gli istituti privati che non hanno avuto in questi anni problemi di liquidità.
Certo, i soldi non sono tutto e infatti la scuola “non privata” ha mantenuto un alto livello grazie allo sforzo di studenti, famiglie, docenti, amministrativi, dirigenti. Ma il benedetto tavolo di Cirio (insediatosi “per la prima volta”; non ne sentivamo la mancanza) sembra preoccupato proprio della distribuzione di soldi. E allora, presidente Cirio, invece di un “tavolo permanente per le scuole paritarie” La invitiamo a costituire un “tavolo permanente per le scuole” dove gli “oneri per lo Stato” tornino nella direzione che segnala la Costituzione: non per i privati, ma per rilanciare una scuola gratuita, di qualità, attenta ai bisogni di chi, in essa, studia e lavora.
Foto: Orlando Morici